Trust opachi e tasse: le nuove regole fiscali

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Nel complesso panorama fiscale internazionale, l’Agenzia delle Entrate ha emesso una risposta illuminante con l’interpello n. 258 del 16 dicembre 2024, offrendo un punto di riferimento essenziale per la gestione dei trust, in particolare quelli definiti come opachi e fiscalmente inesistenti. Questi ultimi si sono rivelati particolarmente problematici per quanto riguarda la determinazione della loro trasparenza fiscale e la legittimità della gestione autonoma da parte del trustee.

Il caso esaminato: l’intricato puzzle fiscale dei 3 trust gestiti dallo stesso trustee

La disamina ha coinvolto tre trust gestiti dallo stesso trustee, un funzionario bancario residente in Texas. Istituiti negli anni 1990, 1996 e 2012, questi trust operano sotto l’ombrello del Texas Trust Code, seguendo le direttive espresse dal loro fondatore, ora defunto. La beneficiaria, figlia del disponente e cittadina americana con residenza fiscale in Italia, ha sollecitato un parere per chiarire la posizione fiscale dei trust, implicando così dirette ripercussioni sul suo obbligo tributario in Italia.

Il trattamento fiscale dei trust ai fini delle imposte dirette: trust trasparenti e trust opachi

Dopo un breve excursus civilistico sull’istituto del trust all’interno dell’ordinamento italiano, l’Agenzia delle Entrate si è soffermata ad analizzarne la disciplina fiscale ai fini delle imposte dirette, anche alla luce dei chiarimenti già forniti in precedenza con le Circolari nn. 48/2007, 43/2009, 61/2010 e, da ultimo, con la n. 34/2022.
In particolare, il trust rientra tra i soggetti passivi Ires, elencati nell’art. 73 del Dpr n. 917 del 1986 (cosiddetto Tuir).

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Ai fini della individuazione del regime fiscale applicabile al reddito, l’art. 73, comma 2 del Tuir distingue due diverse tipologie di trust: da un lato, i trust trasparenti, ossia i trust con beneficiari individuati dal disponente, il cui reddito è tassato mediante imputazione per trasparenza in capo ai beneficiari stessi; dall’altro, i trust opachi, ovvero trust senza beneficiari individuati dal disponente, il cui reddito è tassato direttamente in capo al trust quale soggetto passivo Ires.

Con specifico riferimento alla determinazione del reddito dei trust non residenti, la Circolare n. 34/E del 2022 dell’Agenzia delle Entrate ha specificato che rilevano in Italia i soli redditi prodotti nel territorio dello Stato, in quanto enti non residenti ai sensi dell’art. 73, comma 1, lettera d) del Tuir.

Tuttavia, nelle ipotesi in cui a) il beneficiario individuato sia residente ovvero b) il beneficiario sia residente di un trust opaco stabilito in Paesi a fiscalità privilegiata, ai fini dell’imputazione ovvero dell’attribuzione rileva il reddito complessivamente prodotto dal trust non residente riferibile al beneficiario, indipendentemente dal rispetto del requisito di territorialità di cui all’art. 23 Tuir.

La nuova interpretazione dell’Agenzia delle entrate

Sulla scorta del trattamento fiscale così delineato, l’Agenzia delle entrate ha provveduto a qualificare due trust come fiscalmente inesistenti e un trust come trasparente.
Più nello specifico, con riferimento ai due trust fiscalmente inesistenti, l’Agenzia ha rinvenuto dal tenore di alcune disposizioni dell’atto costitutivo indebiti poteri di ingerenza attribuiti alla beneficiaria (odierna istante), tali da inficiare l’autonomia di gestione del trustee.

Infatti, clausole che prevedono il potere della beneficiaria di revocare il trustee o che attribuiscono il potere ai fratelli del beneficiario di fornire il consenso obbligatorio e per iscritto al trustee in merito alle decisioni che riguardano la gestione del patrimonio del trust rappresentano un evidente e forte limite alla piena discrezionalità e autonomia nella gestione del patrimonio del trust da parte del trustee.
Pertanto, considerati inesistenti fiscalmente i trust, i redditi da essi derivanti sono tassati in capo alla beneficiaria residente.

Da ultimo, con riferimento all’unico trust ritenuto fiscalmente esistente dall’Agenzia di cui è beneficiaria l’istante, si rinviene un’ipotesi di trust trasparente. Il reddito del trust deve essere quindi imputato all’istante, in qualità di beneficiaria, e per l’effetto deve essere tassato come reddito di capitale, a prescindere dal fatto che il trust sia o meno da considerare residente in Italia, come chiarito dalla Circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 34/2022, paragrafo 3.1.

Conclusioni

Nel delineare le conclusioni del suo interpello n. 258 del 16 dicembre 2024, l’Agenzia delle Entrate ha imposto nuovi parametri interpretativi riguardo la natura fiscale dei trust, focalizzando l’attenzione sulla validità della loro struttura gestionale.

La chiave di volta è stata l’identificazione di clausole che compromettono l’indipendenza gestionale del trustee, quali il potere di revoca da parte del beneficiario o l’obbligo di consenso scritto da parte di terzi, quali i fratelli del beneficiario, per le decisioni gestionali.

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Questi dettagli non sono meri tecnicismi, ma colpi al cuore dell’autonomia del trust, trasformandoli, per effetti fiscali, in entità inesistenti. Questa interpretazione implica che tutti i redditi generati da tali trust debbano essere imputati direttamente ai beneficiari residenti, una mossa che rafforza il principio di trasparenza ma che potrebbe richiedere una revisione significativa delle strategie di pianificazione patrimoniale.

Ulteriormente, l’Agenzia ha ampliato la portata della sua precedente Circolare n. 48 del 2007, stabilendo che per i trust opachi, stabiliti in paesi con regime fiscale privilegiato, il reddito rilevante per il beneficiario residente include tutto il reddito generato dal trust, senza necessità di rispettare il requisito di territorialità. Questo dettaglio non solo chiarifica ma estende il campo d’azione su come i redditi internazionali vengano trattati dalla fiscalità italiana, aumentando le responsabilità per i beneficiari italiani di trust esteri.

Queste indicazioni rappresentano una pietra miliare nel trattamento fiscale dei trust, con impatti significativi per consulenti, beneficiari e trustee che operano sia a livello nazionale che internazionale. La decisione richiede un’attenta valutazione e, potenzialmente, un ripensamento delle strutture esistenti per allinearle con le nuove realtà normative, enfatizzando la necessità di una pianificazione patrimoniale accurata e proattiva per navigare le complessità della fiscalità globale.

Nel complesso panorama fiscale internazionale, l’Agenzia delle Entrate ha emesso una risposta illuminante con l’interpello n. 258 del 16 dicembre 2024, offrendo un punto di riferimento essenziale per la gestione dei trust, in particolare quelli definiti come opachi e fiscalmente inesistenti. Questi …



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