Ci sono scelte di casting che servono per amplificare il messaggio che un film vuole mandare. Prendere James Franco per interpretare un veterano della Seconda Guerra Mondiale che negli anni Settanta torna nella Napoli frequentata in tempi di pace in Hey Joe, dove ha messo incinta una giovane per poi salpare di nuovo per le Americhe, contribuisce a sottolineare il passato di un uomo manchevole, in cerca di un contatto per rimediare alle proprie carenze. Così Claudio Giovannesi, di cui l’attore statunitense ha apprezzato il precedente La paranza dei bambini e sapendo dell’ammirazione di Franco per il suo film vincitore dell’Orso d’Argento per la sceneggiatura nel 2019, lo ha chiamato per confrontarsi con un film in costume, scritto insieme al collega Maurizio Braucci. Una versione aggiornata del Paisà di Roberto Rossellini, il cui titolo è un richiamo al contrario, con i paesani per cui qualsiasi soldato a stelle e strisce era semplicemente “Joe”. Un’ambientazione che si sposta tra i ricordi del post-guerra e la malavita delle stradine di un labirinto a cielo aperto, in cui il protagonista torna facendo riaffiorare i ricordi, mentre cerca tra i vari vicoli il figlio mai incontrato.
@visiondistribution Enzo è cresciuto nella malavita, adottato da Don Vittorio, ma Dean vuole riprendersi suo figlio. Hey Joe, il nuovo film di Claudio Giovannesi, presentato alla @Rome Film Fest, arriverà al cinema dal 28 novembre. Con James Franco, Francesco D Napoli, Giulia Ercolini e Aniello Arena. Prodotto da Palomar Production con @RaiCinema, in collaborazione con Vision Distribution. Con il contributo della Film Commission Regione Campania e della Calabria Film Commission, @Ministero della Cultura. #HeyJoeIlFilm original sound – Vision Distribution
Ed ecco ancora La paranza dei bambini a metterci lo zampino. A fare da spalla, ragazzo cresciuto da solo con un genitore assente e sostituito con un criminale da fare da surrogato (un sempre eccellente Aniello Arena), Francesco Di Napoli si confronta con una star forse sbiadita, non più centrata, ma ancora rilevante quale James Franco, per (ri)costruire un rapporto paterno scricchiolante, incerto, dalla grana grossa come la fotografia di Hey Joe. Un talento naturale che mostra l’ingenuità che si assume per proteggersi quando non si hanno punti di riferimento con cui affrontare gli anni che passano, ovviando alla penuria di un amore familiare strappato troppo presto con la soggezione e la lealtà che si riservano ai padri-padroni, in questo caso un boss della malavita portuaria. Diventato padre a sua volta, fedele al capo del contrabbando che lo ha allevato più per farne suo tuttofare che per amore del ragazzino e della sua defunta madre, il personaggio di Enzo del giovane Di Napoli è un altro di quei figli persi del cinema che risentono degli errori e delle cedevolezze di una mascolinità che ha pensato per troppo tempo di agire con indifferenza. Di uomini che sanno fare la guerra, ma non hanno minimamente idea di come si viva coesi, presenti e coinvolti in tempi di pace. Protagonisti incapaci di rendersi spesso conto delle conseguenze che le proprie azioni possono provocare, o facendolo troppo tardi, rendendo il loro leggero egoismo il tratto caratteristico su cui si intesse l’umanità di Hey Joe, con il personaggio del Dean Barry di James Franco di cui è impossibile non interrogarsi riguardo le sfumate e le discutibili decisioni intraprese sul finale.
Giovannesi, galleggiando su rivoli di tradizioni andate, non è indifferente ad una certa verità di racconto, tanto da stendere la storia partendo da una leggenda napoletana che, come tutti i miti orali, cambia e si arricchisce arrivando adesso sullo schermo in un’altra forma ancora. Una novella che della fragilità maschile fa la sua bussola, ma non è detto che ne sappia lenire tutte le ferite. La possibilità che non si finisca ad essere dei buoni padri solo perché si sceglie di ritrovarsi, bensì perché si è in grado di trovare il modo adatto e sicuro di restare.
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